Quando si scattano fotografie con il metodo digitale, è un luogo comune pensare che, potendole visualizzare nel display della fotocamera, queste siano esenti da difetti. Purtroppo non è così, poiché visualizzare le immagini da un piccolo display comporta non vedere difetti che altrimenti richiederebbero di ripetere la fotografia al momento. Infatti scaricando le immagini in un computer e potendole visualizzare su uno schermo ben più grande, è possibile far risaltare maggiormente certi difetti, come ad esempio quelli dovuti al micro-mosso provocati nella fattispecie proprio dalla vibrazione della fotocamera. Le vibrazioni della fotocamera sono provocate dal movimento concomitante di ottica e fotocamera durante l'esposizione, sufficientemente lunga da registrare lo spostamento. Per evitare foto mosse, in generale, scattando a mano libera, è necessario impostare un tempo pari o più rapido del reciproco della focale usata (con una full frame e una focale 100 mm, si deve impostare un tempo di 1/100 s; con un sensore APS il tempo sarà uguale al prodotto tra la lunghezza focale e il fattore di moltiplicazione della fotocamera). Le focali moderne con stabilizzatore di immagini, spesso risolvono il problema del micro-mosso, poiché garantiscono immagini nitide con tempi di posa fino a quattro volte più lenti. Se si tratta di grandangoli poi, il problema è ridotto al minimo, poiché necessitano di tempi molto lunghi per la compromissione delle immagini. Il problema è dovuto principalmente quando si usano tele-obbiettivi e/o macro, dove una minima vibrazione della fotocamera può essere causa di foto mosse. La loro pesantezza e la richiesta di tempi molto più veloci per garantire immagini nitide scattando a mano libera peggiorano ulteriormente la situazione. I tele più economici poi non dispongono di ampie aperture massime di diaframma a completamento di un quadro particolarmente compromesso. Gli scatti in macro sono ancora più impegnativi: maggiore sarà l'ingrandimento, maggiori gli effetti della vibrazione. L'uso di un treppiedi è fondamentale in questi casi, anche se non risolve completamente il problema, poiché la semplice pressione sul pulsante di scatto e/o il movimento dello specchio della reflex possono generare dannose vibrazioni involontarie. Per ovviare al problema è possibile usare la funzione di Blocco dello specchio: l'uso di uno scatto flessibile , di un comando a distanza o dell'autoscatto completano la strategia per ottenere scatti nitidi e privi di inconvenienti. In condizione di luce scarsa è consigliabile intervenire anche sulla sensibilità ISO aumentandola.
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Gli EXIF sono i dati di scatto registrati dalla fotocamera durante lo scatto. Oltre ai dati riguardanti data e tipo di fotocamera, restituiscono anche le informazioni riguardanti l'esposizione, il bilanciamento del bianco, il flash e tante altre informazioni. Alcune fotocamere con GPS integrato registrano anche le coordinate spaziali. Tutte le informazioni raccolte sono incorporate al file d'immagine e continueranno ad essere reperibili anche durante il trasferimento dalla scheda di memoria al computer. E' possibile visualizzarli attraverso l'impiego dei programmi di foto ritocco e aiutano a comprendere meglio il rapporto che sussiste tra le impostazioni di scatto e l'immagine ottenuta, quindi ad aiutare i neofiti a trovare il giusto compromesso per uno scatto migliore e più esperti a valutare meglio le prestazioni di fotocamere e obbiettivi. Di seguito alcuni esempi nella valutazione dei dati EXIF: 1) l'immagine è caratterizzata da elevato rumore, pertanto il valore registrato di sensibilità ISO potrebbe rappresentare il limite da non superare con questo tipo di fotocamera; 2) l'immagine è poco nitida e l'apertura registrata è f/22 (obbiettivo molto chiuso), il fenomeno della diffrazione potrebbe essere la causa del problema; 3) l'immagine è poco nitida e l'apertura registrata è f/2,8, la messa a fuoco è sbagliata a causa della ridotta profondità di campo. Ogni macchina fotografica digitale è dotata di differenti modalità di scatto basate su due concetti fondamentali: gli automatismi proposti dalla fotocamera e l'impostazione creativa che ogni fotografo può usare in riferimento alle proprie conoscenze. Molte fotocamere compatte forniscono solo le impostazioni base, ovvero quegli automatismi preimpostati per i diversi generi di fotografia (macro, ritratto, paesaggio, ecc.). Alcune fotocamere reflex (professionali) forniscono solo le impostazioni creative, ovvero quelle attraverso cui ogni fotografo si può sbizzarrire nel raggiungere un determinato risultato per tutti i generi di fotografia. La differenza tra le modalità base e le modalità gestite dal fotografo sta nelle possibilità di scelta e nel grado di preparazione del fotografo (amatoriale, professionale), che potrà lasciar decidere la fotocamera o, in riferimento alle proprie conoscenze, impostare i valori di esposizione più appropriati. 13.1 Le modalità di baseTra le modalità di base più gettonate, abbiamo le seguenti: RITRATTO PAESAGGIO MACRO SPORT NOTTURNO Queste modalità sono completamente automatiche e gestite dalla fotocamera, che imposterà una combinazione tempo/diaframma/valore ISO, più appropriata al genere di fotografia impostato. Con la modalità RITRATTO, per esempio, la fotocamera assumerà di propria iniziativa che il diaframma dovrà essere il più aperto possibile, per sfocare lo sfondo e mettere in risalto il soggetto, viceversa, per la modalità PAESAGGIO, incrementerà la profondità di campo per ottenere una buona nitidezza dal primo piano allo sfondo (diaframma chiuso). Queste modalità sono spesso le più appropriate per i neofiti che si avvicinano con non poco timore reverenziale alla fotografia e che sono abituati a scattare in condizioni favorevoli. In una buona giornata di sole le modalità di base restituiranno immagini ben definite, tuttavia, qualora ci fossero situazioni particolari, potrebbero non restituire i risultati attesi. Per situazioni particolari si intendono condizioni di scatto tendenti ad ottenere risultati specifici: è il caso di situazioni come la fotografia di silhouette, che se ricercata con la modalità RITRATTO, non potrà essere ottenuta, poiché, in automatico la fotocamera azionerà il flash per non lasciare il soggetto sottoesposto; un altro esempio riguarda la fotografia sportiva, che con la modalità di base restituirà sempre soggetti "congelati", senza mai dare il senso del movimento. Il consiglio è di approcciarsi alla fotografia usando pure queste modalità per non perdersi nei meandri della scelta "tecnica", ma di abbandonarli alla svelta per poter essere i padroni incontrastati delle proprie scelte e dei propri risultati. 13.2 Le modalità creativeLe modalità creative sono le più appropriate per chi vorrebbe costruire fotografie di un certo spessore. Con queste modalità è possibile gestire tutte le impostazioni a proprio piacimento, dal tempo di scatto alla sensibilità ISO, passando per impostazioni semiautomatiche o completamente manuali. Alcune fotocamere reflex dispongono della possibilità di usare un programma in grado di calcolare la giusta coppia tempo/diaframma in riferimento alla luce che caratterizza la scena e all'ottica che si sta usando. Sebbene sia un programma che agisce praticamente in automatico, è associato alle modalità creative poiché è possibile intervenire sulla combinazione tempo/diaframma: l'esposizione sarà la stessa, ma cambierà il modo con cui sarà raggiunta (diaframma più chiuso/tempo più lento, diaframma più aperto/tempo più veloce). In questo modo sarà possibile valutare i diversi effetti ottenuti per la stessa scena, enfatizzando le situazioni particolari e facendo tesoro dei risultati migliori. Le modalità a priorità di tempo e di diaframma sono similari e si basano entrambi sulla lettura dell'esposizione. Nel caso della priorità di tempi sarà necessario impostare il tempo desiderato e la fotocamera stabilirà il diaframma più appropriato, viceversa, nel caso di priorità di diaframma, succederà il contrario, fissato il diaframma, la fotocamera deciderà il tempo. La parte creativa, negli ultimi due casi, consiste nel sapere con che tempo o con che diaframma impostare la fotocamera. Ovviamente questo dipenderà dal tipo di fotografia che si sta componendo:
L'ultima modalità tra le creative è quella manuale, che permette di gestire separatamente tempo e diaframma, lasciando pieni poteri al fotografo in merito alle scelte e ai risultati che vuole ottenere. Per approfondire ulteriormente questo argomento vi invito a seguire le rubriche che svilupperò in futuro su questo sito, dove parlerò dei generi di fotografia, in cui i professionisti consigliano le scelte migliori di impostazione. I formati fotografici più conosciuti sono principalmente due, anche se la scena del digitale è calcata da tanti altri. Il più conosciuto è sicuramente il formato Jpeg (acronimo di Joint Photographic Expert Group) che ricopre l'intera gamma delle macchine fotografiche digitali: dalla classica compattina alla fotocamera professionale con annessi e connessi. Questo formato è stato sviluppato appositamente per la fotografia digitale e il suo successo gli permesso di diventare standard internazionale. L'altro formato più conosciuto è il cosiddetto formato grezzo o RAW (in inglese tradotto "grezzo"). Con questo formato si raccolgono tutti i dati grezzi, ovvero tutti quei dati non elaborati dalla fotocamera. I file RAW variano in riferimento alla casa produttrice della fotocamera e del modello e necessitano di specifici software di editing per essere visualizzati ed elaborati. La differenza tra i due formati menzionati sta nell'uso che se ne può fare: indubbiamente il formato Jpeg mostra molti più vantaggi dal punto di vista della versatilità, poiché permette la condivisione con tutti i sistemi di lettura, occupano meno memoria e quindi possono essere archiviate in memoria molte più immagini. Tuttavia, la leggerezza di questi file è dovuta alla compressione subita dalla fotocamera, che porta a perdere molteplici informazioni. E' il caso di impostazioni come il bilanciamento del bianco, l'esposizione, il contrasto, il colore, la riduzione del rumore, la nitidezza, ecc., che, se modificate in un secondo tempo, non sono di conseguenza restituite come nella versione originale. Con i Jpeg non è possibile annullare in fase di postproduzione le impostazioni definite al momento dello scatto Con il formato RAW, invece, tali dettagli sono mantenuti e possono essere modificati in un secondo tempo senza alcuna perdita d'informazione. Tuttavia, il loro peso eccessivo, comporta il riempimento immediato delle schede di memoria, che dovranno essere capienti/numerose per supportare un'intera sessione di lavoro. Anche con il formato RAW impostato alcune impostazioni non potranno essere cambiate dopo lo scatto: l'apertura, il tempo di posa, la sensibilità ISO e la distanza di messa a fuoco. Attenzione! Scattare in RAW e visualizzarne l'immagine non è possibile dal display, poiché l'immagine visualizzabile rappresenta un'anteprima Jpeg. Con un paragone al vecchio sistema analogico si è soliti dire che i file RAW rappresentano il negativo digitale della fotografia. Per via di queste caratteristiche, quindi, è consigliabile maggiormente l'uso del formato RAW, con cui, successivamente è possibile elaborare l'immagine e salvarla in formato Jpeg, per la stampa, la pubblicazione e la condivisione. Tuttavia, alcune figure professionali sfruttano maggiormente il formato Jpeg per le ragioni già menzionate: si tratta di fotografi sportivi, che necessitano di usufruire di raffiche di scatti più lunghe prima che il buffer della fotocamera si riempia e la velocità di scatto diminuisca. Attenzione! Scattare in Jpeg equivale spesso e volentieri ad avere immagini perfette di partenza, poiché, ad ogni successiva elaborazione digitale i file degradano perdendo ulteriormente informazioni. Alcune fotocamere reflex hanno la possibilità di registrare contemporaneamente immagini RAW e Jpeg. Tutte le fotocamere reflex dispongono generalmente di tre tipi di messa a fuoco: una per i soggetti statici, una per i soggetti costantemente in movimento e una per i soggetti il cui movimento potrebbe passare da statico a dinamico. La più usata è quella per i soggetti statici, usata prevalentemente per la fotografia di paesaggio. Questa modalità consiste nel definire un punto o più punti di messa a fuoco, che la fotocamera manterrà fissi fino allo scatto o alla successiva operazione di messa a fuoco. La modalità di messa a fuoco per soggetti costantemente in movimento è caratterizzata dal mantenere costantemente rifocalizzato l'obbiettivo fino a quando non sarà agganciato da un punto AF attivo nel mirino. Questa modalità è spesso usata in combinazione con l'opzione scatto multiplo ad alta velocità, necessaria a catturare ricche sequenze di immagini d'azione. La condizione per cui un soggetto statico potrebbe muoversi all'improvviso è gestibile attraverso la terza modalità di messa a fuoco, in grado di agganciare un soggetto statico e di seguirlo non appena inizia il suo movimento. L'ultima modalità di messa a fuoco è rappresentata dalla messa a fuoco manuale che consiste nell'escludere tutti gli automatismi. La condizione più appropriata per l'uso della messa a fuoco manuale è la fotografia macro. L'ingrandimento che ne consegue possiede una profondità di campo di pochi millimetri, che richiede la scelta migliore del punto di messa a fuoco. Altra caratteristica per la messa a fuoco è data dal numero di punti disponibili in una fotocamera. Questi cambieranno in conseguenza dell'importanza del modello, per cui i punti di messa a fuoco potrebbero variare da un minimo di 9 ad un massimo di punti superiore a 60. Il punto centrale è solitamente il più sensibile ed è maggiormente consigliabile per governare meglio il punto di miglior lettura riferito all'immagine che vogliamo comporre. L'uso del punto singolo rappresenta la possibilità di stabilire il punto di luminosità medio, attorno a cui la fotocamera eseguirà il calcolo per definire la luminosità degli altri punti. Ne conseguirà che, in seguito ad una scelta corretta, i colori più chiari appariranno effettivamente più chiari e quelli scuri altrettanto più scuri, quindi, convertendo in una scala di bianconero, si potrebbero ottenere dei bianchi e dei neri puri, se il punto di lettura fosse rappresentato da un grigio medio. Tuttavia, attraverso gli appositi automatismi è possibile lasciare alla fotocamera la libertà di scelta. Per un'immagine più chiara o più scura, in riferimento a ciò che si vuole ottenere, i parametri su cui si può intevenire sono fondamentalmente tre: il diaframma, il tempo e la sensibilità ISO. Con il diaframma è possibile regolare la quantità di luce entrante dall'obbiettivo, che impressionerà il sensore, attraverso la regolazione delle dimensioni del foro di apertura. Con il tempo sarà possibile stabilire il periodo di passaggio della luce attraverso l'obbiettivo. La sensibilità ISO determina il grado di reazione del sensore al contatto con la luce: maggiore è la sensibilità e maggiore sarà la possibilità di impressionare il sensore anche con scarse condizioni di illuminazione. Ogni pixel aumenterà la propria sensibilità in modo proporzionale al valore impostato. Tuttavia, all'aumentare del valore ISO impostato diminuisce la qualità dell'immagine ottenuta e, quindi, è necessario trovare il giusto compromesso per il risultato migliore. Concretamente, il risultato di un aumento di sensibilità sta nell'aumento della grana dell'immagine, o meglio definita come aumento del rumore di fondo. La qualità migliore, quindi, si ottiene impostando bassi valori ISO, considerando che la normalità varia da 100 a 200 ISO. In casi di scarsità di luce, i tempi, a queste sensibilità, aumentano considerevolmente fino, a volte, a rendere impossibile lo scatto a mano libera, quindi con ottenimento di foto mosse. La soluzione di aumentare gli ISO, in queste circostanze, è un buon compromesso, anche se l'uso di un treppiedi porta sicuramente ad un risultato migliore. L'apertura massima del diaframma in alternativa all'aumento degli ISO, potrebbe aiutare in determinate circostanze, ma riduce notevolmente la profondità di campo, che può essere recuperata alzando gli ISO e riducendo l'apertura del diaframma. In determinate circostanze, sebbene aumentare gli ISO comporti un aumento della grana, l'effetto ottenuto è particolarmente artistico e rende le immagini più interessanti. Per fare un esempio, possiamo fare riferimento alla fotografia in bianco & nero, oppure alla fotografia in notturna, dove la volta stellata assume le sembianze di una tela sapientemente pennellata. Accade spesso che la fotocamera non sia in grado di riprodurre correttamente i colori che i nostri occhi percepiscono. Tuttavia, è possibile impostare degli accorgimenti per fare in modo che la tonalità di colore sia il più possibile fedele all'originale. Il bilanciamento del bianco permette di ottenere bianchi puri in tutte le circostanze di ripresa, anche se i soggetti sono illuminati da luci colorate. La sua corretta impostazione restituirà naturalezza a tutti gli altri colori presenti nella scena. La fotocamera è in grado di prevedere il bilanciamento della luce partendo dall'analisi della sorgente luminosa presente sulla scena. Ogni sorgente luminosa è contraddistinta da una temperatura colore misurata in °Kelvin. Questa scala rappresenta la porzione di visibile per l'occhio umano: oltre il limite minimo della scala si sconfina nel rosso e nell'infrarosso, oltre il massimo nel violetto e nell'ultravioletto. Infrarosso e ultravioletto non sono visibili all'occhio umano. Di fronte a questa prospettiva si usa dire che una luce è calda quando corrisponde ad una bassa temperatura di colore e fredda ad una alta. Le modalità di bilanciamento del bianco di una fotocamera reflex prevedono impostazioni associate a queste condizioni di luce, che permetteranno di ottenere risultati vicini alla condizione reale se impostati in linea con la sorgente luminosa dominante nell'ambiente. Le possibili impostazioni riscontrabili sulle fotocamere reflex sono:
La regolazione automatica prevista in ogni fotocamera reflex, copre una fascia della temperatura di colore compresa tra i 3000 e i 7000K, mentre quella predefinita (anche se si fa riferimento a più condizioni predefinite) copre una fascia leggermente più ristretta ma similare (dai 3200 ai 7000K). Nella condizione predefinita è possibile impostare sulla fotocamera un bilanciamento specifico per ogni sorgente luminosa: tungsteno, fluorescente, luce diurna, nuvoloso, ombra. La regolazione della temperatura K è disponibile solo su alcune fotocamere reflex e consiste nell'impostare il valore esatto: la fascia coperta in questo caso può variare tra i 2500 e 10000K, coprendo quindi la maggior parte delle situazioni. L'impostazione personalizzata, infine, è la più completa, poiché copre la fascia più ampia (2000-10000K) ed è impostabile tarando la fotocamera con una superficie bianca posta all'interno della scena, che permetterà di calcolare tutti i colori intorno a questo valore. E' possibile tarare la fotocamera su superfici che non sono bianche, per conferire alle immagini caratteristiche surreali, ma interessanti dal punto di vista del risultato. La condizione automatica, comunque, copre la maggior parte dei casi e pertanto è la più consigliabile, soprattutto nei casi in cui non si dispone di molto tempo per immortalare la scena. Tuttavia, in condizioni disagiate, non permette di soddisfare in pieno i risultati e ricorrere alle altre condizioni rappresenta la soluzione ottimale. Il flash di schiarita o di compensazione è usato nelle fotografie scattate di giorno per mettere in evidenza i dettagli, che senza resterebbero in ombra. A differenza delle foto realizzate con la sola luce del flash, la fotocamera calcola l'esposizione modulandosi sulla luce ambiente, sia essa naturale che artificiale. Si ricorre al flash di schiarita nelle situazioni in cui i livelli di contrasto sono elevati, ovvero quando gli eccessi di luminosità vanno oltre la normale gamma dinamica della fotocamera, creando la possibile condizione di mancanza di dettaglio nelle alteluci, nelle zone d'ombra o in entrambi le circostanze. La scelta delle esposizione tende a salvaguardare, solitamente, i dettagli nelle aree più luminose, ma quando la differenza tra zone d'ombra e alteluci è notevole, il rischio è quello di ottenere la sottoesposizione delle ombre. Il flash di schiarita aiuta in questo caso a compensare la gamma dinamica, riportandola negli intervalli specifici forniti dal sensore. Casi tipici per l'uso del flash di schiarita, sono le cosiddette fotografie controluce, in cui il soggetto rischia di essere sottoesposto. Con il flash di schiarita i colori risulteranno più nitidi e l'equilibrio sarà ristabilito. Intervenire sullo sfondo con una sottoesposizione, permetterà di ottenere immagini più intense e suggestive. Il lampo di schiarita deve fondersi con la luce ambiente per un effetto più naturale ed evitare di prevaricare sul resto della scena. Le variabili che contribuiscono a garantire nitidezza all'immagine sono numerose. Le principali spaziano dalla scelta della coppia tempo-diaframma alla qualità ottica dell'obbiettivo, dall'accuratezza della messa a fuoco alla nitidezza applicata dalla fotocamera in post-produzione. Tuttavia, una mano ferma e ben salda è fondamentale per ottenere immagini nitide. In questi casi, in cui si parla di fotografia a mano libera, è essenziale applicare la regola generale secondo cui il tempo di posa debba essere equivalente o più rapido del reciproco della lunghezza focale. Ciò equivale a dire che con una lunghezza focale di 200 mm, il tempo più lento da usare dovrà essere 1/200 di secondo; con una lunghezza focale di 50 mm, sarà di 1/50 di secondo. Questa regola è applicabile solo alle fotocamere full-frame (sensore 24x36), mentre con sensori più piccoli, dove l'angolo di campo è più ristretto, gli effetti involontari di vibrazione sono più amplificati e quindi il tempo più lento dovrà essere più veloce al reciproco della lunghezza focale. Il tempo può essere calcolato anche in questo caso moltiplicando la lunghezza focale per il fattore di moltiplicazione della fotocamera e applicando il reciproco come tempo. Il fattore di moltiplicazione della fotocamera è quel coefficiente che moltiplicato per le dimensioni del sensore reali, da come prodotto 24x36. Per esempio, una fotocamera con sensore 16x24, avrà un fattore di moltiplicazione pari 1,5 (16x1,5=24; 24x1,5=36). L'impiego di obbiettivi con stabilizzatore aumentano ulteriormente la possibilità di ottenere immagini nitide. Queste ottiche sono dotate di un sistema interno di basculamento in grado di contrastare gli effetti del movimento. In condizioni di luce scarsa la soluzione migliore è l'uso di un treppiedi, che, comunque, rappresenta anche la soluzione migliore anche in condizioni di luce buona. L'uso del treppiedi permette di impostare valori ISO bassi, equivalenti a immagini prive di rumore, di scegliere l'impostazione di diaframma più congeniale, che influenza notevolmente la nitidezza e la profondità di campo. Maggiore sarà la profondità di campo e maggiore sarà la superficie nitida dell'immagine. Valori di diaframmi come f16 e f22 garantiscono maggiore profondità di campo, viceversa valori come f2,8 restituiscono una ridotta profondità di campo. L'impostazione più stretta di diaframma, tuttavia, non coincide con una nitidezza assoluta. Con queste aperture i tempi sono molto più lenti e il manifestarsi della diffrazione priva le immagini di definizione. I risultati migliori si ottengono pertanto con aperture intermedie che spaziano da f8 a f16. Anche l'accuratezza della messa a fuoco è fondamentale. Affidarsi all'autofocus permette di ottenere buoni risultati di partenza, ma è necessario conoscere gli effetti delle modalità impostati. La modalità statica consente di scattare solo quando una parte dell'immagine è a fuoco. La modalità dinamica regola costantemente la messa a fuoco seguendo il movimento del soggetto. Nel mirino è possibile impostare anche la zona di messa a fuoco, che dovrà coincidere con l'area di maggiore interesse della scena che si vuole fotografare. L'istogramma è un grafico che da evidenza di come la luminosità è distribuita sull'intera immagine. Rispetto ad un'analisi approssimativa attraverso l'osservazione dello schermo, l'istogramma permette di valutare nel dettaglio la correttezza dell'esposizione. Può essere visualizzato lateralmente all'immagine, durante la sua riproduione o, addirittura, durante lo scatto se realizzato in live view. Sull'istogramma l'asse orizzontale rappresenta la gamma tonale dell'immagine: a sinistra sono rappresentate le ombre più scure, mentre a destra quelle più chiare. La scala si sviluppa quindi da sinistra a destra partendo dallo scuro al chiaro, mentre al centro si distribuiscono i toni intermedi. L'asse verticale rappresenta il numero di pixel per ogni tono, cioè quanti pixel dell'immagine presentano quel determinato livello di luminosità. Ogni scena è caratterizzata da un suo istogramma e ogni istogramma è differente da un altro: non esiste l'istogramma perfetto, ma alcune configurazioni sono d'aiuto per prevenire condizioni di luminosità indesiderate. La forma dipenderà esclusivamente dal tipo di soggetto che si sta fotografando e la tendenza a spostarsi verso uno dei due estremi della scala sarà dovuto alla sua luminosità. Tuttavia, è possibile incappare in errori dell'esposimetro: di fronte a soggetti luminosi la fotocamera tende a sottoesporre, trasformando bianchi brillanti in grigi opachi. Sapendo pertanto che, fotografando soggetti luminosi, l'istogramma dovrebbe tendere maggiormente a destra, qualora fosse bilanciato verso il centro o peggio verso sinistra, il rischio è di incappare in una foto sottoesposta, così come fotografando un soggetto scuro e ottenendo un istogramma spostato verso destra di sovraesporre l'immagine. Scattare in modalità creativa e intervenire sulla compensazione dell'esposizione permette di risolvere la questione, ottenendo immagini correttamente bilanciate, dove i neri e i bianchi saranno tali. Se l'istogramma risultasse tagliato sulla destra, oppure sulla sinistra, si assisterebbe al cosiddetto fenomeno di "clipping". Il clipping consiste nell'avere una situazione di condizione estrema, in cui le aree più scure o quelle più chiare appaiono senza dettaglio. Per le aree più chiare si dirà che "le alte luci sono bruciate", per quelle più scure che "sono bucate", quindi senza dettaglio e mezzitoni. La condizione migliore da applicare di fatto non esiste, poiché dipende sempre da ciò che si sta fotografando, tuttavia, in fotografia, è sempre preferibile sottoesporre leggermente, poiché, in post-produzione, è più facile recuperare luminosità che scurire le zone bruciate. |
AuthorCiao a tutti, Archives
May 2016
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